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Escherichia coli: come si prende, sintomi e quando prenotare una visita

~April 29, 2025
9 minuti
escherichia coli

L'Escherichia coli è un batterio Gram-negativo che, pur essendo parte della normale flora intestinale umana, in alcuni casi può acquisire caratteristiche patogene e causare infezioni intestinali o extra-intestinali. L'infezione si trasmette principalmente attraverso il consumo di alimenti contaminati, come carne cruda o poco cotta, latte non pastorizzato e verdure contaminate, oppure tramite acqua infetta. Altre vie di trasmissione comprendono il contatto diretto con animali portatori o con persone infette in ambienti a scarsa igiene.

Escherichia coli, i sintomi​

L'Escherichia coli (E. coli) appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae, comunemente presente nel tratto gastrointestinale degli esseri umani e di molti animali a sangue caldo. In condizioni normali, alcuni ceppi di E. coli fanno parte della flora batterica intestinale benefica, contribuendo ai processi digestivi e alla sintesi di vitamine come la vitamina K. Tuttavia, esistono ceppi patogeni di E. coli che possono provocare gravi infezioni, sia intestinali sia extra-intestinali, rappresentando una significativa causa di malattie a trasmissione alimentare a livello mondiale.

I ceppi patogeni di E. coli si classificano in diverse categorie sulla base dei meccanismi patogenetici e dei tipi di infezioni che causano. Tra i più rilevanti si annoverano l'Enterotoxigenic E. coli (ETEC), responsabile della cosiddetta “diarrea del viaggiatore”; l'Enteropathogenic E. coli (EPEC), associato a diarrea pediatrica; e l'Enterohemorrhagic E. coli (EHEC), il cui ceppo più noto è E. coli O157:H7, capace di provocare forme gravi di colite emorragica e la sindrome emolitico-uremica (SEU).

La modalità di trasmissione più frequente dell'infezione da E. coli patogeno è l'ingestione di alimenti o acqua contaminati: Carni macinate non adeguatamente cotte, latte crudo, verdure irrigate con acqua contaminata e il contatto con animali infetti rappresentano le principali fonti di esposizione. Inoltre, la trasmissione interumana può verificarsi in ambienti con scarsa igiene, come scuole o strutture sanitarie.

I sintomi dell'infezione da Escherichia coli variano in funzione del ceppo coinvolto e dell'entità dell'infezione. Nei casi più comuni, i sintomi compaiono entro 1-10 giorni dall'esposizione e possono includere diarrea acquosa, crampi addominali, nausea e vomito. Quando il ceppo coinvolto è EHEC, la diarrea può evolvere in diarrea emorragica, caratterizzata dalla presenza di sangue nelle feci, accompagnata da dolori addominali intensi, febbre moderata o assente e astenia.

Una delle complicanze più gravi associate all'infezione da E. coli EHEC è la sindrome emolitico-uremica (SEU), che si sviluppa principalmente nei bambini e negli anziani. Questa condizione è caratterizzata da anemia emolitica microangiopatica, trombocitopenia e insufficienza renale acuta. La SEU richiede un intervento medico urgente, con eventuale necessità di dialisi e monitoraggio ematologico intensivo.

Oltre alle infezioni gastrointestinali, l'Escherichia coli può essere responsabile di infezioni extra-intestinali, come le infezioni delle vie urinarie, che rappresentano la causa più comune di cistiti batteriche. In soggetti immunocompromessi o ospedalizzati, E. coli può causare infezioni sistemiche come sepsi, meningite neonatale e polmonite nosocomiale. 

Escherichia coli in gravidanza​

L'infezione da Escherichia coli durante la gravidanza rappresenta una condizione clinica di particolare rilevanza a causa dei potenziali rischi sia per la madre sia per il feto. L'E. coli è responsabile di una percentuale significativa delle infezioni delle vie urinarie (IVU) in gravidanza, dove la modificazione anatomica e fisiologica del tratto urinario — tra cui la dilatazione degli ureteri e la riduzione del tono vescicale — favoriscono la colonizzazione e la moltiplicazione batterica.

Le infezioni urinarie da E. coli in gravidanza si manifestano frequentemente sotto forma di batteriuria asintomatica, cistite o, nei casi più severi, pielonefrite acuta. La presenza di batteriuria asintomatica, se non trattata, può evolvere in pielonefrite in circa il 20-30% dei casi, con rischio di complicanze come parto pretermine, basso peso alla nascita e, nei casi estremi, morte perinatale. La pielonefrite, inoltre, può determinare condizioni gravi per la madre, tra cui sepsi, insufficienza renale e distress respiratorio.

Dal punto di vista diagnostico, è essenziale eseguire uno screening microbiologico sistematico attraverso urinocoltura durante il primo trimestre di gravidanza, anche in assenza di sintomi, come raccomandato dalle principali linee guida. La soglia di positività per la diagnosi di batteriuria significativa è generalmente di ≥10⁵ unità formanti colonia (UFC)/ml di E. coli in un campione di urina raccolto in condizioni di sterilità.

Il trattamento delle infezioni da Escherichia coli in gravidanza richiede particolare attenzione nella scelta dell'antibiotico, considerando la sicurezza del farmaco per il feto. I regimi terapeutici di prima linea includono antibiotici come amoxicillina-clavulanato, cefalosporine di seconda o terza generazione e fosfomicina trometamolo in dose singola, previa esecuzione dell'antibiogramma per confermare la sensibilità del ceppo isolato. Gli antibiotici controindicati in gravidanza, come chinoloni e tetracicline, devono essere rigorosamente evitati.

In caso di pielonefrite acuta, il trattamento deve essere tempestivo e può richiedere il ricovero ospedaliero per somministrazione parenterale di antibiotici, monitoraggio emodinamico e supporto della funzione renale. Il follow-up è fondamentale: dopo il trattamento di un episodio di batteriuria o infezione sintomatica, è raccomandata l'esecuzione di urinocolture di controllo per verificare l'eradicazione del patogeno.

La prevenzione dell'infezione da E. coli in gravidanza si basa su misure igieniche appropriate, sull’educazione della gestante alla corretta igiene intima e sulla tempestiva gestione di ogni sintomo urinario. Inoltre, nei casi di recidiva o di predisposizione individuale, può essere considerata una profilassi antibiotica a basso dosaggio sotto stretto controllo medico.


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Come si capisce di avere l'escherichia coli?

Riconoscere un’infezione da Escherichia coli non è sempre immediato, poiché i sintomi possono variare in base al ceppo coinvolto, alla sede dell’infezione e allo stato immunitario del paziente. Tuttavia, esistono alcuni segnali clinici comuni che possono far sospettare una colonizzazione o infezione da E. coli, specialmente a carico del tratto gastrointestinale.

È importante sottolineare che i sintomi gastrointestinali da Escherichia coli possono facilmente essere confusi con quelli di altre infezioni enteriche batteriche, virali o parassitarie. Per questo motivo, la semplice presenza di diarrea o dolori addominali non è sufficiente per una diagnosi certa. Una corretta valutazione clinica è fondamentale per impostare una diagnosi differenziale accurata.

La visita gastroenterologica riveste un ruolo essenziale nella gestione di un sospetto di infezione da E. coli. Durante la visita, il medico - il gastroenterologo - raccoglie un’anamnesi dettagliata, indagando sui sintomi, la loro durata, l’intensità, eventuali viaggi recenti, l’assunzione di alimenti a rischio e la presenza di condizioni predisponenti. L’esame obiettivo si concentra sull’addome (alla ricerca di dolorabilità, tensione, segni di disidratazione) e sullo stato generale del paziente.

In presenza di un sospetto clinico fondato, il gastroenterologo prescrive esami specifici, come l’esame colturale delle feci con ricerca dei patogeni enterici, inclusi i ceppi enteroemorragici di Escherichia coli. Talvolta, può essere richiesto anche un emocromo completo per valutare eventuali alterazioni ematologiche, o altri test di approfondimento se si sospettano complicanze.

La diagnosi microbiologica è fondamentale non solo per confermare l’infezione, ma anche per indirizzare correttamente il trattamento. In caso di conferma di EHEC (Escherichia coli enteroemorragico), la gestione clinica richiede estrema cautela, evitando l’uso inappropriato di antibiotici che potrebbero aumentare il rischio di complicanze gravi come la sindrome emolitico-uremica.

Attribuire il giusto peso alla visita gastroenterologica significa, quindi, riconoscere il valore di una diagnosi precisa e tempestiva, che permette di distinguere tra infezioni autolimitanti e condizioni che richiedono interventi specialistici immediati. Solo attraverso un approccio clinico accurato è possibile tutelare il paziente, evitando terapie inappropriate e monitorando l’evoluzione del quadro clinico con la dovuta attenzione.

Escherichia coli ed esame delle urine​

La presenza di Escherichia coli nelle urine rappresenta una delle cause più comuni di infezione delle vie urinarie (IVU), sia nella popolazione adulta sia nei bambini. E. coli è responsabile di circa l'80-90% delle infezioni urinarie non complicate, grazie alla sua capacità di aderire all'epitelio uroteliale tramite specifiche strutture chiamate fimbrie.

La contaminazione urinaria da Escherichia coli può manifestarsi in vari quadri clinici, che vanno dalla batteriuria asintomatica (presenza di batteri nelle urine senza sintomi) alla cistite (infiammazione vescicale) e, nei casi più gravi, alla pielonefrite (infezione del parenchima renale). Nei soggetti a rischio, come le donne in gravidanza, gli anziani o i pazienti immunocompromessi, la progressione dell'infezione può portare a complicanze sistemiche come la sepsi urinaria.

Dal punto di vista diagnostico, l'identificazione dell'Escherichia coli nelle urine avviene mediante urinocoltura, che permette di quantificare la carica batterica. Una crescita significativa è definita da una concentrazione ≥10⁵ unità formanti colonia (UFC)/ml in un campione di urina raccolto correttamente. In alcune circostanze cliniche, anche cariche batteriche più basse possono essere considerate rilevanti, soprattutto in presenza di sintomi tipici.

Escherichia coli: la cura 

Il trattamento dell'infezione da Escherichia coli dipende da vari fattori, tra cui il sito dell'infezione (intestinale o extra-intestinale), la gravità del quadro clinico, il ceppo batterico coinvolto e lo stato immunitario del paziente. In generale, la terapia mira sia alla risoluzione dei sintomi sia alla prevenzione delle complicanze.

Per la maggior parte delle infezioni intestinali da ceppi enteropatogeni di E. coli, come l’Enterotoxigenic E. coli (ETEC) o l’Enteropathogenic E. coli (EPEC), il trattamento principale è di tipo sintomatico. È fondamentale garantire una corretta reidratazione orale o endovenosa nei casi più gravi, per contrastare la perdita di liquidi e sali minerali causata dalla diarrea. Gli antimicrobici non sono di routine raccomandati per le infezioni gastrointestinali lievi e moderate.

Nel caso di infezioni da Escherichia coli enteroemorragico (EHEC), come il ceppo O157:H7, l'uso di antibiotici è generalmente controindicato, poiché potrebbe aumentare la produzione di tossine Shiga, incrementando il rischio di sviluppare la sindrome emolitico-uremica (SEU). Anche l'uso di farmaci antidiarroici è sconsigliato per evitare il rallentamento dell’eliminazione delle tossine.

Nelle infezioni extra-intestinali, come cistiti, pielonefriti, sepsi o infezioni neonatali, il trattamento antibiotico è imprescindibile. La scelta dell'antibiotico deve basarsi preferibilmente sull'antibiogramma ottenuto tramite esame colturale. 

Il dosaggio e la durata della terapia variano in funzione della sede e della severità dell'infezione. Per le cistiti non complicate, una breve terapia di 3-5 giorni è spesso sufficiente. Nelle pielonefriti o nella sepsi, sono necessari trattamenti più lunghi, talvolta associati a ricovero ospedaliero.

Un problema crescente nella gestione delle infezioni da E. coli è la diffusione di ceppi produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL), che conferiscono resistenza a molti antibiotici di uso comune. In tali casi, il trattamento richiede l’utilizzo di farmaci di seconda linea, come i carbapenemi, e il supporto di specialisti in malattie infettive.

FAQ

Escherichia coli resistente agli antibiotici: cosa fare​

La comparsa di un'infezione da Escherichia coli resistente agli antibiotici richiede una gestione specialistica. È fondamentale effettuare un antibiogramma per identificare gli antibiotici ancora efficaci. In genere, si utilizzano molecole di seconda linea, come i carbapenemi, in ambito ospedaliero. Nei casi più gravi, è indicata la consulenza di uno specialista in malattie infettive. È importante seguire scrupolosamente la terapia prescritta, evitare l’automedicazione e adottare misure di prevenzione rigorose per limitare la diffusione delle infezioni resistenti.

Escherichia coli cosa mangiare​

Durante un'infezione da Escherichia coli, l’alimentazione deve essere leggera e mirata a favorire la reidratazione e il recupero intestinale. Si consigliano alimenti facilmente digeribili, come riso, patate bollite, banane, mele cotte e yogurt bianco (se tollerato). È fondamentale evitare cibi grassi, fritti, latticini interi, alcolici e prodotti ricchi di fibre insolubili che potrebbero irritare ulteriormente l’intestino. L’idratazione è essenziale: si raccomanda l’assunzione di acqua, soluzioni reidratanti o tè leggeri per compensare la perdita di liquidi e sali minerali.

infezione da escherichia coli​: come si prende?

L'infezione da Escherichia coli si contrae principalmente attraverso l'ingestione di alimenti contaminati (carne cruda o poco cotta, latte non pastorizzato, verdure contaminate) o acqua infetta. Altre modalità di trasmissione includono il contatto diretto con animali portatori e la diffusione interumana, soprattutto in ambienti con scarsa igiene. Il rischio aumenta in contesti di scarsa manipolazione alimentare o viaggi in aree con standard sanitari insufficienti. Una corretta igiene personale e alimentare è fondamentale per prevenire l'infezione.

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