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Esami per il fegato: quali analisi fare per prevenire le patologie

Revisionato da: Elty~November 13, 2024
9 minuti
esami fegato

Il fegato è uno degli organi più importanti del nostro corpo, responsabile di numerose funzioni vitali come il metabolismo dei nutrienti, la produzione di bile e la detossificazione. Il controllo periodico della funzionalità epatica attraverso esami del sangue è fondamentale per individuare eventuali anomalie e prevenire complicanze.

Quali valori vanno controllati negli esami per il fegato?

Gli esami di laboratorio per valutare la salute del fegato misurano diversi parametri, che forniscono informazioni sullo stato dell'organo e sulla sua capacità di svolgere le sue funzioni. Tra i principali indicatori della funzionalità epatica che si possono evincere già dagli esami del sangue ci sono: 

  • transaminasi, conosciute come alanina aminotransferasi (ALT) e aspartato aminotransferasi (AST), sono enzimi presenti nelle cellule epatiche. Questi enzimi vengono rilasciati nel sangue quando il fegato subisce danni, come accade in caso di epatite, abuso di alcol o altre condizioni che causano danno epatico. L'ALT è più specifico per il fegato, mentre l'AST può essere elevata anche in caso di problemi muscolari o cardiaci. Valori elevati di ALT e AST indicano generalmente un danno epatico in atto; 

  • fosfatasi alcalina, un enzima presente nel fegato, nelle ossa e nelle vie biliari. Un aumento dei livelli di ALP nel sangue può indicare un'ostruzione delle vie biliari o una malattia epatica, come la colestasi. Tuttavia, livelli elevati di ALP possono essere associati anche a condizioni non epatiche, come malattie delle ossa. Per una valutazione più accurata della funzionalità epatica, l'ALP viene spesso interpretata insieme ad altri parametri; 

  • gamma-glutamil transferasi, un altro enzima utilizzato per valutare la funzionalità epatica, in particolare per individuare patologie delle vie biliari. Livelli elevati di GGT possono indicare un danno epatico legato all'abuso di alcol, all'uso di farmaci epatotossici o a un'ostruzione delle vie biliari. La GGT è spesso utilizzata in combinazione con l'ALP per confermare l'origine epatica di un problema; 

  • bilirubina, è un prodotto del catabolismo dell'emoglobina ed è processata dal fegato per essere eliminata attraverso la bile. La bilirubina totale comprende la bilirubina diretta (conjugata) e indiretta (non conjugata). Un aumento dei livelli di bilirubina nel sangue può causare ittero, una condizione caratterizzata dall'ingiallimento della pelle e degli occhi, e può indicare un malfunzionamento del fegato, un'ostruzione delle vie biliari o una distruzione accelerata dei globuli rossi; 

  • albumina, una proteina prodotta dal fegato e rappresenta un indicatore importante della capacità sintetica dell'organo. Livelli ridotti di albumina possono indicare una compromissione della funzionalità epatica o malnutrizione. L'albumina è fondamentale per mantenere la pressione oncotica del sangue e per il trasporto di varie sostanze, tra cui ormoni e farmaci. Una riduzione dei livelli di albumina può essere un segno di una malattia epatica cronica avanzata, come la cirrosi; 

  • tempo di protrombina, un test utilizzato per valutare la capacità del fegato di produrre i fattori della coagulazione. Poiché molti di questi fattori sono sintetizzati dal fegato, un allungamento del PT può indicare una ridotta funzionalità epatica. Un PT prolungato può essere un segno di una malattia epatica severa o di una carenza di vitamina K, che è essenziale per la sintesi dei fattori della coagulazione. 

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Esami del sangue per il fegato e Gilbert

La sindrome di Gilbert è una condizione benigna e relativamente comune caratterizzata da un lieve aumento dei livelli di bilirubina nel sangue, causato da una ridotta attività dell'enzima glucuronil transferasi, responsabile del metabolismo della bilirubina. Questo disturbo è spesso asintomatico, ma può causare episodi intermittenti di ittero, soprattutto in condizioni di stress, digiuno o infezioni. 

Gli esami del fegato sono fondamentali per diagnosticare e monitorare la sindrome di Gilbert, distinguendola da altre patologie epatiche più gravi. Gli esami di laboratorio includono il dosaggio della bilirubina totale e frazionata, che rivela un aumento prevalentemente della frazione indiretta. Le transaminasi (ALT e AST), la fosfatasi alcalina (ALP) e la gamma-glutamil transferasi (GGT) risultano generalmente nei limiti della norma, indicando l'assenza di danno epatico significativo. 

L'ecografia epatica, pur non essendo specifica per la diagnosi della sindrome di Gilbert, può essere utilizzata per escludere altre condizioni epatiche che potrebbero causare un aumento della bilirubina. La diagnosi della sindrome di Gilbert è solitamente confermata attraverso una combinazione di anamnesi, esami del sangue e l'esclusione di altre cause di iperbilirubinemia. La gestione della sindrome non richiede trattamenti specifici, ma si basa sulla rassicurazione del paziente.

Indagini strumentali, l’ecografia al fegato e non solo

Le indagini strumentali volte a indagare lo stato di salute del fegato possono comprendere l’uso di diversi apparecchi, tra cui: 

  •  risonanza magnetica del fegato, un esame di imaging avanzato che utilizza campi magnetici e onde radio per ottenere immagini dettagliate dell'organo. La RM consente di valutare con precisione la struttura del fegato e di identificare la presenza di lesioni, come tumori, cisti o noduli. È particolarmente utile per differenziare le lesioni benigne da quelle maligne e per valutare lo stato della fibrosi epatica. La risonanza magnetica è spesso utilizzata quando l'ecografia non è in grado di fornire informazioni sufficienti, soprattutto in pazienti con lesioni difficili da rilevare; 

  • tomografia computerizzata del fegato, un altro esame di imaging che fornisce immagini dettagliate dell'organo attraverso l'uso di radiazioni ionizzanti. La TAC è spesso utilizzata per valutare la presenza di tumori, cisti, ascessi o altre anomalie strutturali del fegato. Può essere eseguita con o senza mezzo di contrasto, a seconda delle informazioni che si desidera ottenere. L'uso del mezzo di contrasto permette di evidenziare con maggiore precisione le lesioni epatiche e di valutare la vascolarizzazione del fegato, rendendo questo esame particolarmente utile in ambito oncologico; 

  • biopsia epatica, una procedura invasiva che consiste nel prelevare un piccolo campione di tessuto del fegato per analizzarlo al microscopio. Questo esame è considerato il gold standard per la diagnosi di molte patologie epatiche, tra cui la cirrosi, l'epatite cronica e alcune forme di cancro del fegato. La biopsia permette di valutare direttamente la presenza di infiammazione, fibrosi o alterazioni cellulari che non possono essere rilevate con altre tecniche. Sebbene sia un esame altamente informativo, la biopsia epatica comporta alcuni rischi, come sanguinamento o infezione, ed è generalmente riservata ai casi in cui altre metodiche diagnostiche non siano sufficienti.

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Ecografia al fegato: che cosa è e quando viene richiesta

L'ecografia al fegato, o ecografia epatica, è uno degli strumenti diagnostici più utilizzati per valutare la salute del fegato e delle vie biliari: si tratta di un esame non invasivo che utilizza ultrasuoni per ottenere immagini dettagliate del fegato, permettendo di identificare anomalie strutturali e valutare la presenza di eventuali patologie. Grazie alla sua sicurezza e affidabilità, l'ecografia rappresenta uno dei primi esami di imaging richiesti quando si sospetta un problema epatico. 

Questo strumento diagnostico utilizza onde sonore ad alta frequenza per creare immagini degli organi interni. Durante l'esame, il paziente viene fatto sdraiare in posizione supina, e un gel speciale viene applicato sull'addome per facilitare il passaggio degli ultrasuoni. Il medico utilizza poi una sonda (trasduttore) che emette onde sonore e rileva quelle riflesse dai tessuti del fegato. Queste onde riflesse vengono trasformate in immagini in tempo reale, che vengono visualizzate su un monitor. L'esame è indolore e non comporta l'uso di radiazioni, rendendolo sicuro anche per donne in gravidanza.

L'ecografia epatica è indicata in diverse situazioni cliniche e può essere utilizzata per: 

  • monitorare la struttura del fegato in caso di sospetto di patologie come steatosi epatica (accumulo di grasso nel fegato), epatiti, cirrosi, tumori epatici o cisti; 

  • valutare le dimensioni del fegato; 

  • verificare la presenza di lesioni focali o diffusive; 

  • identificare eventuali alterazioni delle vie biliari, come ostruzioni o dilatazioni. 

  • monitorare la progressione di malattie epatiche croniche o per verificare l'efficacia di trattamenti in corso.

L'ecografia al fegato è in grado di rilevare una vasta gamma di patologie epatiche, tra cui la steatosi epatica, o fegato grasso, che si presenta come un aumento della brillantezza dell'eco, indicativo dell'accumulo di grasso nelle cellule epatiche. La cirrosi epatica è caratterizzata da un'alterazione della struttura del fegato, con irregolarità della superficie e noduli rigenerativi. L'ecografia può anche identificare tumori epatici, come epatocarcinomi o metastasi, che appaiono come noduli di diversa ecogenicità rispetto al tessuto circostante. Inoltre, l'esame permette di visualizzare cisti epatiche, che appaiono come lesioni anecoiche (prive di eco) con pareti sottili e margini regolari.

In alcuni casi può essere richiesto l'uso del doppler, che consente di valutare il flusso sanguigno all'interno dei vasi del fegato, come la vena porta e le vene epatiche. L'ecografia doppler è fondamentale per rilevare alterazioni del flusso ematico che possono essere associate a condizioni come ipertensione portale, trombosi della vena porta o insufficienza cardiaca congestizia. Questa tecnica fornisce informazioni cruciali per la gestione delle malattie epatiche che coinvolgono la circolazione del sangue.

L'ecografia epatica è un esame estremamente utile grazie ai suoi numerosi vantaggi: priva di radiazioni, indolore e facilmente accessibile, il che la rende ideale per il monitoraggio a lungo termine delle patologie epatiche. Tuttavia, presenta alcuni limiti: la qualità delle immagini può essere influenzata dalla conformazione fisica del paziente, come in caso di obesità o presenza di meteorismo intestinale, che possono ridurre la visibilità degli organi. Inoltre, l'ecografia ha una sensibilità limitata nel rilevare lesioni molto piccole o profondamente localizzate rispetto ad altre tecniche di imaging, come la risonanza magnetica (RM) o la tomografia computerizzata (TAC).

Quando e ogni quanto fare gli esami del fegato

Gli esami del fegato sono fondamentali per valutare la funzionalità epatica e identificare precocemente eventuali patologie; la frequenza con cui effettuare questi esami varia in base ai fattori di rischio individuali e allo stato di salute del paziente. In generale, per persone senza sintomi e con uno stile di vita sano, un controllo dei valori epatici ogni 1-2 anni può essere sufficiente, nell'ambito di un check-up di routine. 

Tuttavia, per chi presenta fattori di rischio come consumo frequente di alcol, obesità, uso di farmaci epatotossici o una storia familiare di malattie epatiche, è consigliabile monitorare la funzionalità epatica più frequentemente, ogni 6-12 mesi. 

Inoltre, nei pazienti con diagnosi di patologie epatiche croniche, come l'epatite B o C, il monitoraggio dovrebbe essere effettuato secondo le indicazioni dello specialista, spesso ogni 3-6 mesi, per valutare la progressione della malattia e l'efficacia dei trattamenti. Gli esami del fegato dovrebbero iniziare precocemente in presenza di sintomi come affaticamento, ittero, dolore addominale o urine scure, e nei soggetti a rischio, per prevenire complicanze gravi. 

Una valutazione regolare e tempestiva della funzionalità epatica è essenziale per mantenere la salute del fegato e intervenire in modo appropriato.

FAQ

Quali sono gli esami principali per valutare la salute del fegato?

Gli esami principali per valutare la salute del fegato includono le transaminasi (ALT e AST), la fosfatasi alcalina (ALP), la gamma-glutamil transferasi (GGT), la bilirubina totale e frazionata, l'albumina e il tempo di protrombina (PT). Questi parametri aiutano a rilevare eventuali danni epatici, valutare la funzionalità sintetica del fegato e identificare possibili ostruzioni delle vie biliari.

Ogni quanto è consigliabile fare gli esami del fegato?

La frequenza degli esami del fegato dipende dai fattori di rischio individuali. In generale, per soggetti senza fattori di rischio specifici, è sufficiente un controllo ogni 1-2 anni. Tuttavia, per chi presenta condizioni di rischio come abuso di alcol, obesità, uso di farmaci epatotossici o malattie epatiche croniche, è consigliabile effettuare gli esami ogni 6-12 mesi o secondo le indicazioni del medico.

Quali sintomi indicano la necessità di eseguire gli esami del fegato?

Sintomi come affaticamento persistente, ittero (ingiallimento della pelle e degli occhi), dolore addominale localizzato nell'area del fegato, urine scure e feci chiare possono indicare problemi epatici. In presenza di questi sintomi, è importante rivolgersi al medico ed eseguire gli esami del fegato per identificare eventuali patologie.

Gli esami del fegato possono prevenire le patologie epatiche?

Gli esami del fegato non prevengono direttamente le patologie epatiche, ma consentono di individuare precocemente eventuali anomalie, permettendo un intervento tempestivo. La diagnosi precoce è fondamentale per prevenire la progressione delle malattie del fegato e per attuare strategie terapeutiche che possano limitare i danni all'organo.

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