Scabbia: sintomi, contagio e quando rivolgersi al medico

Spesso sottovalutata, a volte mal diagnosticata, la scabbia è un’infestazione cutanea ancora oggi oggetto di pregiudizi e timori. Nonostante sia curabile e non pericolosa se trattata correttamente, può provocare un forte disagio fisico ed emotivo, interferendo con la qualità della vita del paziente e con la sua quotidianità.
La scabbia è presente ovunque nel mondo e colpisce persone di tutte le età e condizioni sociali, anche se tende a diffondersi più facilmente in ambienti affollati e con scarsa igiene. Il suo agente causale è il Sarcoptes scabiei var. hominis, un acaro microscopico che scava cunicoli nello strato più superficiale della pelle per deporre le uova. Il risultato è un’infiammazione cutanea intensa, spesso accompagnata da prurito notturno insopportabile.
Scabbia, cos'è?
La scabbia è una dermatosi parassitaria causata dall’acaro Sarcoptes scabiei var. hominis, un artropode di dimensioni microscopiche (circa 0,3-0,5 mm) che si insinua nella cute umana per vivere e riprodursi. La femmina dell’acaro scava dei cunicoli nello strato corneo dell’epidermide dove depone le uova, da cui, nel giro di pochi giorni, nasceranno nuove larve pronte a colonizzare altre aree cutanee.
Il contatto prolungato e diretto tra la pelle di una persona infetta e quella di un'altra rappresenta la modalità di trasmissione principale. In ambienti come case di riposo, scuole, caserme o comunità chiuse, la scabbia può diffondersi rapidamente.
Contrariamente a quanto si pensa, la scabbia non è legata alla scarsa igiene personale. Può colpire chiunque, indipendentemente dalla frequenza dei lavaggi o dalla pulizia degli ambienti.
Scabbia sintomi e contagio
Il periodo di incubazione della scabbia varia in base all’esposizione e allo stato immunitario dell’individuo, ma, in media nei soggetti infetti per la prima volta, l’incubazione può durare da 2 a 6 settimane. Durante questo periodo, gli acari si moltiplicano e iniziano a scavare cunicoli, ma i sintomi non sono ancora evidenti, anche se il soggetto è già contagioso.
In chi è già stato esposto alla scabbia in passato, invece, la risposta immunitaria è più rapida e i sintomi possono comparire entro pochi giorni dal nuovo contagio.
Il sintomo principale è il prurito intenso, che tende ad accentuarsi durante la notte o dopo un bagno caldo: il sintomo è il risultato della reazione allergica del corpo alle proteine prodotte dall’acaro e ai suoi escrementi.
Altri sintomi tipici includono:
papule eritematose (piccoli rilievi arrossati)
lesioni da grattamento (escoriazioni, croste)
cunicoli scabbiosi, visibili come linee sottili e tortuose, più frequenti negli spazi interdigitali delle mani, polsi, ascelle, addome, glutei e genitali.
Le lesioni possono espandersi progressivamente, coinvolgendo zone sempre più estese della pelle se non trattate.
Il contagio avviene per contatto diretto e prolungato (più di 15-20 minuti), ad esempio dormendo nello stesso letto. Meno frequentemente, si può verificare un contagio indiretto tramite indumenti, biancheria o asciugamani, ma solo in presenza di infestazioni avanzate.
Casi particolari: scabbia in gravidanza e nei bambini
La scabbia può manifestarsi anche durante la gravidanza, senza rappresentare un pericolo diretto per il feto. Tuttavia, il trattamento deve essere gestito con particolare cautela, privilegiando farmaci topici sicuri, come la permetrina in crema al 5%, considerata compatibile con la gravidanza.
È importante evitare terapie sistemiche, come l’ivermectina orale, a meno che i benefici non superino i rischi, e solo sotto stretta supervisione medica. Anche durante l’allattamento, la permetrina rimane il trattamento di prima scelta.
La scabbia nei bambini e nei neonati, invece, si presenta con manifestazioni più diffuse, coinvolgendo anche il volto, il cuoio capelluto, il palmo delle mani e la pianta dei piedi – aree normalmente risparmiate negli adulti. Il prurito può essere così intenso da compromettere il sonno e l’alimentazione.
Nei neonati, si osservano vescicole o pustole, spesso con infezioni secondarie da grattamento. Anche in questi casi, la permetrina topica è il trattamento di prima scelta, mentre l’ivermectina orale può essere usata solo nei bambini sopra i 15 kg e in situazioni particolari.
Come viene diagnosticata la scabbia
La diagnosi della scabbia è essenzialmente clinica, basata sull’osservazione dei segni tipici e sull’anamnesi del paziente, in particolare per quanto riguarda la comparsa del prurito e il contatto con persone infette.
Il dermatologo o il medico curante può individuare:
Cunicoli scabbiosi visibili ad occhio nudo o con lente dermatoscopica
Distribuzione caratteristica delle lesioni
Storia di contatti ravvicinati o ambienti a rischio
Quando necessario, si possono effettuare esami di conferma, tra cui:
raschiamento cutaneo: prelievo di materiale dai cunicoli per osservare acari, uova o feci al microscopio;
test con inchiostro o iodio: per evidenziare i cunicoli;
dermatoscopia: per visualizzare direttamente l’acaro e le sue strutture tipiche (segno del "jet con scia").
La diagnosi precoce è essenziale per interrompere la catena del contagio e avviare il trattamento in modo tempestivo.
Trattamento della scabbia e possibili conseguenze
Il trattamento della scabbia si basa su terapie topiche e, nei casi più complessi, su terapie sistemiche. L’obiettivo è eliminare l’acaro e prevenire la reinfestazione.
La terapia topica può precedere l’uso - su prescrizione del medico - di:
permetrina al 5% (in crema): applicata su tutto il corpo, dal collo in giù, e lasciata agire per 8-12 ore prima di risciacquare. È il trattamento di prima scelta sia per adulti sia per bambini e donne in gravidanza;
benzoato di benzile o malathion: alternative in caso di allergia o intolleranza alla permetrina;
zolfo precipitato in vaselina: utilizzato nei neonati e nei soggetti con pelle molto sensibile.
Laddove necessario, invece, bisogna procedere con la terapia sistemica che può precedere l’uso di ivermectina orale: utile nei casi resistenti, nella sabbia crostosa (forme iperinfestanti) o quando non è possibile utilizzare i trattamenti topici. Si somministra per via orale in singola dose, eventualmente ripetuta dopo 7-14 giorni.
Al contempo, il trattamento della scabbia presuppone la messa in atto anche di alcune misure ambientali e di prevenzione. Il trattamento deve essere esteso a tutti i conviventi e contatti stretti, anche se asintomatici. È necessario:
lavare a 60°C indumenti, biancheria e asciugamani;
sigillare in sacchetti di plastica per almeno 72 ore oggetti non lavabili;
disinfettare superfici e materassi, anche se il rischio di trasmissione ambientale è basso.
Dopo il trattamento, il prurito può persistere per 2-4 settimane, anche in assenza di acari. Si tratta di una reazione allergica residua, non di fallimento terapeutico. In questi casi si possono utilizzare:
antistaminici orali
corticosteroidi topici a bassa potenza
emollienti lenitivi
Complicanze e scabbia crostosa
Nei soggetti immunocompromessi (es. anziani, pazienti oncologici, trapiantati), può svilupparsi la scabbia norvegese o crostosa, una forma grave caratterizzata da placche squamose ipercheratosiche e carica parassitaria elevata. È altamente contagiosa e richiede trattamento combinato topico e sistemico aggressivo.
Le lesioni da grattamento possono infettarsi, provocando impetigine, cellulite batterica o glomerulonefrite post-streptococcica, rare ma possibili complicanze.
La scabbia è una malattia cutanea infettiva diffusa e curabile, che può però diventare causa di disagio significativo se non riconosciuta e trattata precocemente. Conoscere i sintomi, le modalità di trasmissione e le strategie terapeutiche permette non solo di gestire la patologia, ma anche di prevenire la diffusione all’interno delle famiglie e delle comunità.
Il prurito notturno persistente, la comparsa di lesioni tipiche e la presenza di casi simili tra conviventi sono elementi che devono spingere a consultare il medico senza indugi. Una diagnosi precoce e un trattamento corretto sono le armi migliori contro la scabbia, che, sebbene fastidiosa, può essere risolta in tempi brevi con gli strumenti giusti.
FAQ
La scabbia è pericolosa?
La scabbia, di per sé, non è pericolosa se trattata correttamente e tempestivamente. Tuttavia, può causare intenso prurito, infezioni cutanee secondarie da grattamento e, nei soggetti immunocompromessi, forme gravi come la scabbia crostosa. In assenza di trattamento, l’infestazione può persistere e diffondersi ad altre persone. La complicanza più seria è l’impetigine, che può evolvere, se trascurata, in glomerulonefrite. È quindi importante riconoscerla precocemente e iniziare una terapia mirata sotto controllo medico.
Tempi di guarigione scabbia
Dopo l’inizio del trattamento con permetrina o ivermectina, gli acari vengono eliminati entro 24-48 ore. Tuttavia, il prurito può persistere fino a 2-4 settimane a causa della reazione infiammatoria cutanea residua. Le lesioni si risolvono gradualmente nel tempo. In caso di reinfestazione o trattamento non completo, i sintomi possono durare più a lungo. La guarigione clinica completa dipende anche dalla corretta igiene ambientale e dalla trattamento simultaneo di conviventi e contatti stretti.
Come prevenire la scabbia
Per prevenire la scabbia è fondamentale evitare il contatto prolungato con soggetti infetti e trattare tempestivamente tutti i conviventi in caso di diagnosi. Lavare biancheria, indumenti e asciugamani a 60°C, sigillare per 72 ore oggetti non lavabili e mantenere un’accurata igiene degli ambienti. In comunità o luoghi ad alta densità abitativa, è utile segnalare rapidamente i casi sospetti. La vigilanza clinica e il trattamento precoce sono le strategie più efficaci per bloccare la diffusione dell'infestazione.
Può ricomparire la scabbia?
Sì, la scabbia può ricomparire se il trattamento iniziale non è stato completo, se non sono stati trattati i contatti stretti, o in caso di nuova esposizione. Inoltre, il prurito post-trattamento può essere scambiato per recidiva, ma non implica necessariamente la presenza di acari. È importante monitorare l’evoluzione clinica e, in caso di sintomi persistenti o ricorrenti, consultare il medico per una rivalutazione diagnostica e, se necessario, un secondo ciclo di terapia.
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