Pertosse nei bambini e negli adulti: come riconoscerla e curarla

La pertosse è una delle malattie infettive dell'apparato respiratorio più contagiose e potenzialmente pericolose, specialmente nei primi mesi di vita. Nonostante l'introduzione della vaccinazione abbia drasticamente ridotto l'incidenza di questa patologia nel corso degli ultimi decenni, recentemente si è assistito a una preoccupante recrudescenza dei casi in molti paesi industrializzati, Italia compresa.
Che cos'è la pertosse
La pertosse, nota anche come "tosse canina" o "tosse convulsa", è una malattia infettiva acuta delle vie respiratorie causata dal batterio Bordetella pertussis, un cocco-bacillo Gram-negativo aerobio. Meno frequentemente, può essere causata da altri batteri del genere Bordetella, come B. parapertussis, che generalmente provoca una forma clinicamente più lieve.
La peculiarità della pertosse risiede nel suo meccanismo patogenetico: il batterio aderisce alle cellule ciliate dell'epitelio respiratorio grazie a specifiche adesine e produce diverse tossine, tra cui la tossina pertossica, che rappresenta uno dei principali fattori di virulenza. Queste tossine compromettono la funzionalità delle cellule ciliate, interferiscono con i meccanismi di difesa dell'ospite e causano una risposta infiammatoria locale che si manifesta clinicamente con la caratteristica tosse parossistica.
Dal punto di vista storico, la pertosse è stata una delle principali cause di mortalità infantile fino alla metà del XX secolo. Il nome "tosse dei 100 giorni", utilizzato in alcune culture, riflette la tipica durata prolungata della malattia, che si articola in tre fasi cliniche:
Fase catarrale: dura 1-2 settimane ed è caratterizzata da sintomi aspecifici simil-influenzali come rinorrea, starnuti, lacrimazione, febbre lieve e tosse moderata. In questa fase la malattia è altamente contagiosa, ma difficilmente riconoscibile.
Fase parossistica: si protrae per 2-6 settimane ed è contraddistinta dai caratteristici accessi di tosse ripetuti e violenti, seguiti da un'inspirazione rumorosa (il cosiddetto "urlo inspiratorio") e spesso da vomito. Durante questa fase, i pazienti possono presentare cianosi, protrusione della lingua, congiuntive arrossate e, nei casi più gravi, epistassi e petecchie facciali causate dall'intensità degli accessi di tosse.
Fase di convalescenza: può durare settimane o mesi, con graduale diminuzione della frequenza e dell'intensità degli accessi di tosse, che tuttavia possono riacutizzarsi in occasione di infezioni respiratorie intercorrenti.
Dal punto di vista epidemiologico, la pertosse colpisce individui di tutte le età, ma l'incidenza e la gravità sono maggiori nei bambini piccoli, in particolare nei lattanti al di sotto dei 6 mesi di età. Prima dell'introduzione della vaccinazione di massa, la pertosse era considerata quasi esclusivamente una malattia pediatrica. Oggi, con l'immunità conferita dal vaccino che tende a diminuire nel tempo, si osserva un significativo aumento dei casi anche tra adolescenti e adulti, che spesso rappresentano la fonte di infezione per i neonati non ancora vaccinati o con ciclo vaccinale incompleto.
I sintomi della pertosse
La manifestazione clinica della pertosse varia considerevolmente in base all'età del paziente, allo stato immunitario e a eventuali co-infezioni. Il periodo di incubazione è generalmente di 7-10 giorni (range 5-21 giorni), durante il quale il paziente è asintomatico ma può già essere contagioso.
Nei bambini non vaccinati o con vaccinazione incompleta, la pertosse si presenta tipicamente nella sua forma classica, con le tre fasi caratteristiche descritte precedentemente. La fase parossistica è particolarmente distintiva e si manifesta con:
accessi di tosse violenti e ravvicinati (parossismi), spesso più frequenti durante la notte
difficoltà respiratoria durante gli accessi, con il caratteristico "urlo inspiratorio" al termine della sequenza di colpi di tosse
vomito post-tussivo, causato dall'intensità degli accessi
apnea, particolarmente pericolosa nei lattanti
cianosi periorale o generalizzata durante gli accessi più severi
esaurimento fisico dopo gli episodi più intensi
aspetto sofferente, con occhi sporgenti, edema facciale e petecchie causate dall'aumento della pressione durante gli accessi di tosse
Nei lattanti al di sotto dei 6 mesi, la presentazione può essere atipica e particolarmente insidiosa:
gli accessi di tosse possono essere meno evidenti
urlo inspiratorio può essere assente
apnea e cianosi possono rappresentare i sintomi predominanti
bradicardia e arresto respiratorio possono verificarsi in casi severi
difficoltà nell'alimentazione con conseguente disidratazione e calo ponderale
Nei bambini parzialmente immunizzati (per vaccinazione o pregressa infezione), la malattia tende ad avere un decorso più lieve e più breve, ma può comunque manifestarsi con accessi di tosse significativi.
È importante sottolineare che nei neonati e nei lattanti piccoli la pertosse può progredire molto rapidamente, con sviluppo di complicanze gravi come polmonite, encefalopatia e, nei casi più severi, insufficienza respiratoria e morte. Per questo motivo, qualsiasi sospetto di pertosse in questa fascia d'età richiede un'immediata valutazione medica.
Negli adulti e negli adolescenti
Negli adulti e negli adolescenti, soprattutto se precedentemente vaccinati, la pertosse si presenta spesso in forma atipica e più lieve, ma può comunque protrarsi per diverse settimane o mesi. I sintomi comuni includono:
Tosse persistente (durata >2 settimane), spesso notturna
Accessi di tosse meno caratteristici, frequentemente senza l'urlo inspiratorio
Sensazione di costrizione toracica
Facile affaticabilità
Disturbi del sonno causati dalla tosse
Vomito post-tussivo meno frequente rispetto ai bambini
In molti casi, la pertosse negli adulti viene erroneamente diagnosticata come bronchite, asma o infezione delle vie aeree superiori, portando a un ritardo diagnostico che contribuisce alla diffusione dell'infezione. È importante sottolineare che, sebbene generalmente meno grave negli adulti, la pertosse può comunque causare complicanze significative come fratture costali, ernie, incontinenza urinaria, emorragie congiuntivali e, raramente, pneumotorace o accidenti cerebrovascolari secondari all'aumento della pressione durante gli accessi di tosse.
La persistenza della tosse, spesso per mesi, rappresenta uno degli aspetti più debilitanti della malattia negli adulti, con un significativo impatto sulla qualità della vita e sulla produttività lavorativa.
Come si prende la pertosse
La pertosse è una malattia estremamente contagiosa, con un tasso di attacco secondario fino al 90% tra i contatti familiari suscettibili. La trasmissione avviene principalmente per via aerea, attraverso goccioline respiratorie (droplet) emesse durante la tosse, gli starnuti o semplicemente parlando.
I principali aspetti da considerare riguardo alla trasmissione della pertosse sono:
Periodo di contagiosità: un individuo infetto è maggiormente contagioso durante la fase catarrale e nelle prime due settimane dopo l'insorgenza della tosse. La contagiosità diminuisce progressivamente e generalmente si considera che dopo 5 giorni di appropriata terapia antibiotica il paziente non sia più in grado di trasmettere l'infezione.
Fattori di rischio: alcuni fattori aumentano il rischio di contrarre la pertosse o di sviluppare forme più severe:
Età inferiore a 12 mesi, in particolare al di sotto dei 6 mesi
Assenza o incompletezza della vaccinazione
Condizioni di immunodepressione
Malattie polmonari croniche preesistenti
Contatto stretto con un caso confermato
Ambienti a rischio: la pertosse si diffonde più facilmente in contesti di aggregazione come:
Ambiente familiare
Asili nido e scuole
Ospedali e strutture sanitarie
Comunità chiuse (es. collegi, caserme)
Portatori asintomatici: gli adolescenti e gli adulti con forme attenuate o atipiche, spesso non diagnosticate, rappresentano un importante serbatoio di infezione. Questi individui possono trasmettere il batterio ai bambini più piccoli e più vulnerabili.
Stagionalità: sebbene la pertosse possa verificarsi durante tutto l'anno, in molti paesi si osserva una maggiore incidenza durante la primavera e l'estate.
È importante sottolineare che la vaccinazione, pur essendo altamente efficace nel prevenire le forme gravi di malattia, non conferisce un'immunità sterilizzante permanente. Ciò significa che anche individui vaccinati possono occasionalmente infettarsi, anche se generalmente sviluppano forme più lievi e meno tipiche della malattia. Questo fenomeno contribuisce alla circolazione del batterio nella popolazione e sottolinea l'importanza delle strategie di "immunizzazione a bozzolo", che prevedono la vaccinazione di tutti i contatti stretti dei neonati (genitori, fratelli, nonni, personale sanitario) per ridurre il rischio di trasmissione ai soggetti più vulnerabili.
Pertosse in gravidanza
La pertosse durante la gravidanza rappresenta una situazione particolare, sia per i rischi potenziali per la madre che per le strategie preventive volte a proteggere il neonato nei primi mesi di vita.
Le donne in gravidanza non presentano un rischio aumentato di contrarre la pertosse rispetto alla popolazione generale. Tuttavia, le modificazioni fisiologiche che si verificano durante la gravidanza, come la ridotta capacità respiratoria funzionale e l'elevazione del diaframma, possono rendere gli accessi di tosse particolarmente gravosi. Inoltre, complicanze come il vomito persistente possono contribuire a disidratazione e squilibri elettrolitici, mentre gli accessi di tosse severi aumentano il rischio di rottura prematura delle membrane nelle fasi avanzate della gravidanza.
Non esiste evidenza che la pertosse causi malformazioni congenite o abbia effetti teratogeni sul feto. Tuttavia, complicanze materne severe come l'ipossia durante gli accessi parossistici potrebbero teoricamente compromettere l'ossigenazione fetale. Inoltre, la trasmissione diretta transplacentare di B. pertussis non è documentata, ma il neonato può contrarre l'infezione immediatamente dopo la nascita se la madre è contagiosa durante il parto.
L'aspetto più importante riguardo alla pertosse in gravidanza concerne la prevenzione. Le attuali raccomandazioni in molti paesi, inclusa l'Italia, prevedono la vaccinazione della madre durante ogni gravidanza, preferibilmente tra la 27ª e la 36ª settimana di gestazione. Questa strategia, nota come "immunizzazione materna", offre due importanti vantaggi:
Protezione diretta della madre, riducendo il rischio che contragga e trasmetta l'infezione al neonato
Protezione passiva del neonato attraverso il trasferimento transplacentare di anticorpi materni, che forniscono una copertura nei primi mesi di vita, quando il bambino è più vulnerabile alle complicanze della pertosse e non ha ancora completato il ciclo vaccinale primario
Numerosi studi hanno dimostrato che la vaccinazione in gravidanza è sicura sia per la madre che per il feto. Gli effetti collaterali sono generalmente limitati a reazioni locali nel sito di iniezione e occasionalmente febbre lieve o malessere generale. Non vi è evidenza di un aumento del rischio di complicanze ostetriche o neonatali associate alla vaccinazione.
L'efficacia di questa strategia preventiva è significativa: studi recenti dimostrano che la vaccinazione materna riduce il rischio di pertosse nei neonati di circa il 90% nei primi due mesi di vita. Considerando che proprio in questa fascia d'età si concentra la maggior parte delle ospedalizzazioni e dei decessi correlati alla pertosse, l'immunizzazione materna rappresenta un intervento salvavita di fondamentale importanza.
Va sottolineato che la vaccinazione materna non interferisce con la risposta del neonato alle successive dosi di vaccino, sebbene possa determinare livelli leggermente inferiori di anticorpi dopo la serie primaria, senza tuttavia compromettere la protezione clinica.
Diagnosi della pertosse
La diagnosi di pertosse può rappresentare una sfida, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia o nei soggetti parzialmente immunizzati con presentazioni cliniche atipiche. Un approccio diagnostico accurato è fondamentale per un trattamento tempestivo e per l'implementazione di misure di controllo appropriate.
Valutazione clinica
Il sospetto diagnostico si basa principalmente sulla presentazione clinica:
Tosse parossistica da almeno due settimane
Presenza di caratteristiche tipiche (urlo inspiratorio, vomito post-tussivo)
Storia di contatto con casi confermati
Stato vaccinale incompleto o assente
Nei lattanti, il sospetto dovrebbe essere elevato in presenza di:
Tosse di qualsiasi durata associata ad apnea
Cianosi durante gli episodi di tosse
Conta leucocitaria elevata con linfocitosi assoluta
Indagini di laboratorio
La conferma diagnostica si avvale di diverse metodiche:
Coltura batterica: considerata il gold standard per specificità (100%), ma con sensibilità limitata (12-60%). La sensibilità diminuisce significativamente con la progressione della malattia, la precedente assunzione di antibiotici e lo stato vaccinale. La coltura richiede terreni specifici (Bordet-Gengou o Regan-Lowe) e tempi di incubazione prolungati (5-7 giorni).
PCR (Polymerase Chain Reaction): tecnica molecolare rapida (risultati in 24-48 ore) con elevata sensibilità (70-99%) e specificità (86-100%). La PCR rimane positiva più a lungo rispetto alla coltura, anche dopo l'inizio della terapia antibiotica, e rappresenta attualmente il metodo diagnostico di prima scelta in molti contesti clinici.
Sierologia: la determinazione degli anticorpi anti-tossina pertossica (anti-PT) può essere utile per la diagnosi tardiva o per studi epidemiologici, ma ha un'utilità limitata nella fase acuta. Un singolo valore elevato di IgG anti-PT (>100-125 EU/ml) o un aumento significativo nel titolo in campioni accoppiati è indicativo di infezione recente.
Esami ematologici di routine: la leucocitosi con linfocitosi assoluta (>10.000 linfociti/mm³) è un reperto classico ma non specifico, più comune nei bambini non vaccinati. Negli adulti e nei soggetti parzialmente immunizzati, la conta leucocitaria può essere normale.
La scelta del metodo diagnostico dipende da diversi fattori:
Fase della malattia (la PCR e la coltura sono più utili nelle fasi iniziali)
Disponibilità locale di test diagnostici
Precedente assunzione di antibiotici
Necessità di risultati rapidi (es. in contesti epidemici)
Le conseguenze della pertosse
Le conseguenze della pertosse variano considerevolmente in base all'età del paziente, allo stato immunitario e alla tempestività della diagnosi e del trattamento. Mentre nella maggior parte dei casi la malattia si risolve completamente senza sequele permanenti, le complicanze possono essere gravi e talvolta fatali, soprattutto nei lattanti piccoli.
Tra le complicanze respiratorie più comuni ci sono:
polmonite: può essere causata direttamente da B. pertussis (polmonite primaria) o, più frequentemente, da sovrainfezione batterica (polmonite secondaria). Rappresenta la complicanza più comune nei lattanti e la principale causa di mortalità correlata alla pertosse.
atelectasia: il collasso di porzioni polmonari può verificarsi a causa dell'ostruzione bronchiale da secrezioni dense.
bronchiectasie: dilatazioni permanenti dei bronchi secondarie a danno infiammatorio cronico, più rare oggi rispetto all'era pre-vaccinale.
pneumotorace e pneumomediastino: complicanze rare causate da rottura alveolare durante gli accessi di tosse violenti.
enfisema sottocutaneo: conseguenza della disseminazione di aria dai polmoni ai tessuti sottocutanei.
Disidratazione e malnutrizione: conseguenze del vomito ripetuto e della difficoltà ad La pertosse rimane una causa significativa di mortalità infantile a livello globale, con circa 160.000 decessi stimati ogni anno, principalmente nei paesi in via di sviluppo. Nei paesi industrializzati, la mortalità è considerevolmente inferiore grazie all'elevata copertura vaccinale e alla disponibilità di cure intensive, ma non trascurabile:
La mortalità si concentra quasi esclusivamente nei lattanti al di sotto dei 6 mesi di età
Il rischio è particolarmente elevato nei neonati pretermine e nei bambini con comorbidità
I decessi sono generalmente causati da insufficienza respiratoria, complicanze polmonari o danno neurologico irreversibile
Conseguenze a lungo termine
Nella maggior parte dei pazienti, la pertosse non lascia sequele permanenti, ma in alcuni casi possono persistere:
Tosse ricorrente: alcuni pazienti riportano episodi di tosse che possono durare mesi o riacutizzarsi in occasione di successive infezioni respiratorie.
Iperreattività bronchiale: può persistere per mesi dopo la risoluzione dell'infezione acuta, talvolta mimando o esacerbando condizioni come l'asma.
Sequele neurologiche: rare ma potenzialmente devastanti, includono epilessia, ritardo dello sviluppo o paralisi cerebrale nei bambini che hanno sviluppato encefalopatia pertossica.
Sebbene la pertosse sia prevenibile mediante vaccinazione, le sue potenziali conseguenze, soprattutto nei soggetti più vulnerabili come i lattanti, rimangono significative. Questo sottolinea l'importanza di strategie preventive efficaci, inclusa la vaccinazione universale dei bambini, i richiami negli adolescenti e negli adulti, e l'immunizzazione materna durante la gravidanza, per ridurre l'incidenza della malattia e delle sue complicanze.
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