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Mononucleosi: cos'è, come si prende e come curarla?

~March 06, 2025
10 minuti
mononucleosi

La mononucleosi infettiva, spesso soprannominata "malattia del bacio", è un’infezione virale che può passare inosservata o trasformarsi in una condizione debilitante, caratterizzata da febbre persistente, affaticamento estremo e ingrossamento dei linfonodi. Causata dal virus di Epstein-Barr (EBV), questa malattia colpisce prevalentemente adolescenti e giovani adulti, diffondendosi attraverso un gesto apparentemente innocuo come un bacio, ma anche tramite la condivisione di oggetti personali o il contatto con la saliva infetta.

Sebbene in molti casi si risolva spontaneamente senza lasciare conseguenze, la mononucleosi può nascondere insidie e complicanze, coinvolgendo organi come il fegato e la milza o causando una prolungata sensazione di stanchezza che può durare mesi.

Cos'è la mononucleosi​

La mononucleosi infettiva è una patologia virale causata dal virus di Epstein-Barr (EBV), appartenente alla famiglia degli Herpesvirus. Si trasmette principalmente attraverso la saliva, motivo per cui è spesso chiamata “malattia del bacio”, ma può diffondersi anche tramite il contatto con oggetti contaminati, come posate o spazzolini da denti. 

Il virus infetta i linfociti B e induce una risposta immunitaria che porta alla produzione di cellule mononucleate atipiche, da cui deriva il nome della malattia.

La mononucleosi nei bambini può presentarsi con sintomi lievi o addirittura passare inosservata. A differenza degli adolescenti e degli adulti, nei quali l’infezione può manifestarsi con un quadro clinico più severo, nei più piccoli la malattia può essere asintomatica o confusa con un’infezione virale comune. Tuttavia, nei rari casi in cui si sviluppano complicanze, come anemia emolitica, trombocitopenia o rottura della milza, è necessaria un’attenta valutazione medica.

Non esiste una terapia specifica per la mononucleosi: il trattamento è sintomatico e prevede riposo, idratazione, antipiretici e analgesici per controllare febbre e dolore. In caso di complicanze, può essere necessario un monitoraggio ospedaliero.

Parlare anche della mononucleosi nei bambini 

Sintomi della mononucleosi 

I sintomi della mononucleosi possono variare in intensità e durata, rendendo la diagnosi iniziale complessa; nonostante questo, tra  le manifestazioni più caratteristiche si trovano anche le macchie cutanee, un segno che può comparire in determinate circostanze e che merita particolare attenzione.

Il periodo di incubazione del virus può variare da 4 a 6 settimane, dopo le quali si sviluppano i sintomi tipici della malattia. In molti casi, il quadro clinico si presenta con:

  • febbre alta (38-40°C): può durare da alcuni giorni a oltre due settimane.

  • forte mal di gola: può essere accompagnato da tonsillite con placche biancastre e difficoltà nella deglutizione.

  • linfoadenopatia: ingrossamento dei linfonodi cervicali, ascellari e inguinali, spesso doloroso alla palpazione.

  • splenomegalia ed epatomegalia: aumento delle dimensioni della milza e del fegato, con rischio (seppur raro) di rottura della milza nei casi più severi.

  • affaticamento marcato: la stanchezza persistente è uno dei sintomi più debilitanti e può durare diverse settimane.

  • malessere generale e dolori muscolari: simili a quelli di un’influenza prolungata.

In alcuni pazienti, possono comparire sintomi meno comuni come nausea, perdita di appetito e un lieve ittero, dovuto a una lieve disfunzione epatica associata all’infezione virale.

Uno dei sintomi cutanei più rilevanti della mononucleosi è la comparsa di macchie rosse sul corpo, conosciute come rash morbilliforme o esantema maculopapulare (da non confondere con l’esantema della quinta malattia, ad esempio). Queste eruzioni cutanee possono insorgere spontaneamente o essere scatenate da fattori esterni.

  • reazione agli antibiotici (es. amoxicillina e ampicillina): in circa il 90% dei pazienti trattati erroneamente con questi antibiotici per una faringotonsillite virale, si verifica la comparsa di un rash cutaneo diffuso, che può durare da alcuni giorni a una settimana.

  • risposta immunitaria al virus: in alcuni casi, la risposta del sistema immunitario all’EBV può provocare la formazione di macchie sulla pelle, simili a quelle di una reazione allergica.

  • coinfezioni o stress cutaneo: alcuni pazienti sviluppano un’eruzione a seguito di una coinfezione batterica o per l’indebolimento generale del sistema immunitario.

Uno degli aspetti da non sottovalutare è la localizzazione delle macchie lungo del corpo e i sintomi strettamente correlati alla loro comparsa:

  • Il rash si presenta solitamente come macchie rosse o rosate, talvolta accompagnate da prurito lieve.

  • Le zone più colpite sono il tronco, il viso, gli arti superiori e inferiori.

  • In alcuni casi, il rash può associarsi a una leggera desquamazione della pelle nei giorni successivi.

Se il rash compare durante il decorso della mononucleosi, è importante:

  • evitare farmaci non necessari, soprattutto antibiotici non indicati per infezioni virali.

  • utilizzare creme emollienti e lenitive a base di aloe vera o camomilla per ridurre eventuale prurito.

  • monitorare la reazione cutanea e rivolgersi al medico se il rash persiste o si associa a sintomi più gravi.

Contagio della mononucleosi: come si prende​

Il virus di Epstein-Barr si trasmette principalmente attraverso il contatto con la saliva di una persona infetta. Le principali modalità di contagio includono:

  • baci e contatto diretto con la saliva: il bacio è uno dei veicoli più comuni della trasmissione del virus, soprattutto tra adolescenti e giovani adulti.

  • condivisione di oggetti personali: l'uso in comune di posate, bicchieri, spazzolini da denti o altri oggetti contaminati dalla saliva infetta può favorire il contagio.

  • goccioline di saliva nell’aria: sebbene meno frequente, la trasmissione può avvenire attraverso colpi di tosse o starnuti di una persona infetta.

  • trasfusioni di sangue e trapianti: in casi rari, l’infezione può essere trasmessa attraverso il sangue o il trapianto di organi da donatori infetti.

Una caratteristica peculiare dell'EBV è che, una volta contratta l’infezione, il virus rimane latente nell'organismo e può riattivarsi in determinate condizioni, anche senza sintomi evidenti.

Il citomegalovirus (CMV), come l’EBV, è un virus erpetico che può causare una sindrome simile alla mononucleosi. Tuttavia, vi sono alcune differenze fondamentali:

  • Il CMV è responsabile di una mononucleosi atipica, caratterizzata da sintomi simili ma generalmente meno intensi rispetto alla mononucleosi classica da EBV.

  • Nella maggior parte dei casi, il CMV è asintomatico o si manifesta con sintomi lievi, soprattutto negli individui immunocompetenti.

  • Il coinvolgimento linfonodale e tonsillare nella mononucleosi da CMV è meno pronunciato rispetto all’infezione da EBV.

  • Il CMV può essere particolarmente pericoloso nelle donne in gravidanza, poiché può causare citomegalovirus congenito, un’infezione neonatale che può portare a gravi complicanze.

Entrambi i virus condividono la modalità di trasmissione attraverso i fluidi corporei, ma il CMV è meno frequentemente associato alla mononucleosi clinicamente evidente.


Incubazione della mononucleosi: quanto dura prima della comparsa dei sintomi?

Dopo il contagio, la mononucleosi ha un lungo periodo di incubazione, che può variare a seconda dell’età e dello stato immunitario dell’individuo. In generale:

  • Negli adolescenti e adulti, l’incubazione dura tra 4 e 6 settimane, periodo in cui il virus si replica e si diffonde nell’organismo senza manifestare sintomi.

  • Nei bambini, l’incubazione può essere più breve e spesso l’infezione decorre in modo asintomatico o con sintomi molto lievi.

Durante il periodo di incubazione, il soggetto infetto può già trasmettere il virus, sebbene il rischio di contagio aumenti nella fase sintomatica, quando la carica virale è più elevata.

Quanto tempo si rimane contagiosi?

Il virus di Epstein-Barr può essere trasmesso per diverse settimane o mesi dopo la guarigione. Sebbene i sintomi scompaiano generalmente in due o quattro settimane, l’EBV può persistere nella saliva per fino a sei mesi dopo l’infezione acuta, con un rischio di trasmissione ancora presente.

In alcuni individui, il virus rimane latente nell’organismo e può occasionalmente riattivarsi, soprattutto in periodi di stress o immunosoppressione, sebbene senza necessariamente causare sintomi evidenti.

Diagnosi di mononucleosi: gli esami del sangue sono la prova del nove 

Sebbene i sintomi tipici, come febbre, linfoadenopatia e affaticamento, possano suggerire la presenza della malattia, la diagnosi definitiva si basa su specifici esami del sangue, che consentono di confermare l’infezione e valutarne l’evoluzione. Tra questi, l’emocromo e i test sierologici sono i principali strumenti diagnostici impiegati dai medici.

Emocromo e mononucleosi: cosa rivelano le analisi del sangue?

L’emocromo completo è uno degli esami di routine più utilizzati per valutare la risposta del sistema immunitario all’infezione. Nella mononucleosi, alcuni parametri ematici subiscono variazioni caratteristiche:

  • linfocitosi assoluta: aumento del numero totale di linfociti, spesso superiore al 50% dei globuli bianchi totali.

  • linfociti atipici (cellule di Downey): presenti nel 10-20% dei casi, rappresentano linfociti reattivi ingrossati, segno distintivo dell’infezione da EBV.

  • leucocitosi: incremento del numero totale di globuli bianchi, che può superare i 10.000-20.000/mm³.

  • piastrine normali o leggermente ridotte: in alcuni casi, la mononucleosi può associarsi a trombocitopenia lieve.

  • aumento degli enzimi epatici: transaminasi (ALT e AST) possono risultare moderatamente elevate, soprattutto nei casi in cui l’infezione coinvolge il fegato, causando epatomegalia e lieve ittero.

L’emocromo, pur essendo un esame fondamentale, non è sufficiente per una diagnosi definitiva. Per confermare la mononucleosi è necessario effettuare test sierologici specifici.

Mononucleosi: quali valori nelle analisi del sangue confermano l’infezione?

Oltre all’emocromo, i medici utilizzano test sierologici per rilevare la presenza di anticorpi specifici contro EBV e stabilire lo stato dell’infezione. I principali esami sierologici includono:

1. Monotest (Test rapido per eterofili)

  • È un test di screening rapido che rileva la presenza di anticorpi eterofili, prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione da EBV.

  • È positivo nella maggior parte degli adolescenti e adulti, ma nei bambini sotto i 4 anni può risultare negativo nonostante l’infezione in corso.

2. Test sierologici per EBV (ricerca di anticorpi specifici)

Per una diagnosi più accurata, si analizzano gli anticorpi diretti contro le diverse proteine del virus Epstein-Barr:

  • Anti-VCA IgM: indicano un’infezione acuta in corso.

  • Anti-VCA IgG: compaiono nelle fasi successive dell’infezione e restano positivi a vita, indicando un’infezione pregressa.

  • Anti-EBNA IgG: si sviluppano diversi mesi dopo l’infezione e indicano che l’infezione è conclusa e in fase di latenza.

L’interpretazione di questi parametri consente di distinguere tra infezione attuale, pregressa o riattivazione del virus.

Quando è necessario eseguire gli esami?

I test per la mononucleosi vengono prescritti in presenza di sintomi compatibili, come febbre persistente, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi, soprattutto se i sintomi durano più di una settimana e non rispondono ai trattamenti convenzionali. In alcuni casi, il medico può suggerire ulteriori approfondimenti, come ecografia addominale, per valutare eventuali ingrossamenti della milza o del fegato.

Effetti a lungo termine e complicanze della mononucleosi

Tra le principali problematiche correlate si trovano disfunzioni epatiche, complicanze ematologiche e possibili conseguenze durante la gravidanza.

L’EBV ha un’affinità per i linfociti B e può influenzare il funzionamento epatico, portando a una condizione nota come epatite da mononucleosi. Questa infiammazione del fegato si verifica in una percentuale significativa di pazienti, sebbene nella maggior parte dei casi rimanga lieve e transitoria. Tra le manifestazioni epatiche della mononucleosi ci sono: 

  • Epatomegalia: l’ingrossamento del fegato è frequente e può associarsi a un lieve dolore addominale nella regione destra.

  • Aumento delle transaminasi (ALT e AST): valori moderatamente elevati indicano un’infiammazione epatica, ma raramente superano di cinque volte il valore normale.

  • Ittero: in casi rari, l’accumulo di bilirubina può causare un colorito giallastro della pelle e delle sclere oculari.

  • Affaticamento persistente: la disfunzione epatica può contribuire alla sensazione di stanchezza prolungata, che in alcuni pazienti si manifesta per settimane o mesi.

L’epatite da mononucleosi raramente evolve in forme gravi, ma è necessario monitorare i livelli epatici in pazienti con pregressa malattia epatica, uso di alcol o farmaci epatotossici. Nei rari casi in cui si osserva un danno epatico severo, può essere necessario un consulto epatologico.

Mononucleosi e gravidanza: rischi e gestione

Le infezioni virali in gravidanza sono una preoccupazione costante, poiché possono influenzare sia la madre sia il feto. L’infezione da virus Epstein-Barr in gravidanza è rara, poiché la maggior parte della popolazione adulta ha già contratto il virus e sviluppato immunità. 

Tuttavia, un’infezione primaria durante la gestazione può avere alcune implicazioni, le principali delle quali sono: 

  • Aumento del rischio di parto pretermine: alcuni studi suggeriscono una lieve correlazione tra infezione materna da EBV e parto prematuro.

  • Basso peso alla nascita: infezioni virali possono alterare la crescita fetale in alcuni casi.

  • Coinvolgimento epatico materno: le gestanti con epatite da mononucleosi devono essere monitorate per evitare complicazioni legate alla funzionalità epatica.

  • Trasmissione verticale del virus: sebbene rara, la trasmissione del virus al feto non può essere esclusa, con possibili conseguenze sul sistema immunitario neonatale.

Le donne in gravidanza con mononucleosi devono essere seguite con esami ematochimici, monitoraggio epatico e controllo ostetrico regolare. Sebbene non vi siano indicazioni per un trattamento antivirale specifico, il riposo e una gestione attenta della sintomatologia sono fondamentali per ridurre i rischi.

Effetti a lungo termine della mononucleosi

La maggior parte dei pazienti guarisce completamente, ma in alcuni individui il virus può lasciare sequele a lungo termine, tra cui:

  • Sindrome da fatica cronica (CFS/ME): una percentuale di pazienti sviluppa affaticamento persistente per mesi o anni, con ridotta capacità di concentrazione e resistenza fisica.

  • Riattivazione del virus EBV: il virus rimane latente nei linfociti B e può riattivarsi in condizioni di stress o immunosoppressione, causando sintomi simil-influenzali.

  • Complicanze neurologiche: in rari casi, l’EBV può essere implicato in meningite asettica, encefalite o sindrome di Guillain-Barré.

  • Coinvolgimento ematologico: anemia emolitica autoimmune e trombocitopenia possono svilupparsi in casi isolati.

La mononucleosi è pericolosa​? 

Per la maggior parte delle persone, la mononucleosi si manifesta con sintomi moderati come febbre, affaticamento, mal di gola e ingrossamento dei linfonodi. Tuttavia, in alcuni casi, può portare a complicanze che richiedono un monitoraggio medico.

Una delle complicanze più temute della mononucleosi è la splenomegalia (ingrossamento della milza), che può portare, in rari casi, alla rottura della milza. Questo evento è potenzialmente letale e richiede un intervento medico immediato. I sintomi di una rottura splenica includono:

  • dolore acuto nella parte superiore sinistra dell’addome

  • pallore improvviso e debolezza

  • vertigini o svenimenti

Per prevenire questo rischio, si raccomanda di evitare attività fisica intensa o sport di contatto per almeno 4-6 settimane dopo la diagnosi.


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